WWF Italia, ENPA, LAV e LIPU Birdlife Italia hanno
indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio e ai ministri competenti
con la richiesta di impugnare l’Ordinanza n. 108 del 12 dicembre 2020 del
Presidente della Regione Abruzzo che, in contrasto con le disposizioni
contenute nel DPCM del 3 dicembre 2020 e con le norme sulla caccia, autorizza
in una regione classificata come “arancione” i cacciatori a svolgere la loro
attività non solo nel comune di residenza, ma in tutte le decine di comuni del
loro Ambito Territoriale di Caccia. Uguale privilegio viene riconosciuto anche
ai pescatori autorizzati a spostarsi nell’intera Provincia di residenza.
Il caso dell’Abruzzo non è isolato: atti dal
contenuto sostanzialmente identico sono stati emanati dalle Regioni Toscana
(Ordinanza n. 117 del 5/12/2020), Calabria (Ordinanza n. 94 del 7/12/2020) e
Lombardia (Decreto n. 649 del 9/12/2020).
“Mentre tutti i normali cittadini devono rinunciare
ad una passeggiata in montagna o anche a svolgere una serie di attività economiche,
i cacciatori possono muoversi liberamente su gran parte del territorio
provinciale” – dichiarano le associazioni.
La caccia è una (discutibile) attività
ludico-ricreativa che non è assimilabile ad attività professionale e che è
assolutamente diversa, per scopo e funzioni, alla gestione della fauna,
attività scientifica e regolata dall’art. 19 della legge 157 del 1992: articolo
che esclude, anche in caso di ricorso eccezionale a piani di controllo, il
ricorso ad operatori privati quali i cacciatori. Infatti, nell’Ordinanza
della Regione Abruzzo tale piano è disciplinato in un punto autonomo e
separato.
L’illegittimità delle disposizioni di questi
provvedimenti regionali è del tutto evidente perché risultano in contrasto con
il DPCM in vigore e violano il principio secondo cui le Regioni non possono
derogare in peius alle disposizioni
nazionali poste a tutela della salute pubblica.
Il DPCM in vigore è stato emanato sulla base della
dichiarazione di uno stato di emergenza nazionale al fine di tutelare il
primario interesse della salute pubblica: consentire lo spostamento indebito
fuori dal proprio Comune di decine di migliaia di cittadini, senza una reale
motivazione, per esercitare un’attività ludica, appare una chiara violazione
tanto del diritto alla salute quanto nel principio fondamentale di uguaglianza sancito
dall’art. 3 della Costituzione.
Le regioni quindi, hanno aggirato le restrizioni in
vigore per fare ennesime concessioni ai cacciatori, dichiarando che le vi è un presunto
“stato di necessità per conseguire l’equilibrio faunistico-venatorio, limitare
i danni alle colture, nonché il potenziale pericolo per la pubblica incolumità”.
Uno “stato di necessità” dovrebbe però essere
comprovato da dati oggettivi che possano dimostrare la sussistenza di un
rischio imminente per le colture e per la pubblica incolumità, nonché l’effettiva
idoneità dell’attività venatoria a porre rimedio a tale asserita emergenza.
Assurdo poi che i provvedimenti regionali consentano
tutte le forme di caccia previste dal calendario venatorio, compresa, per
esempio, la caccia agli uccelli migratori o agli uccelli acquatici: in che modo
questi animali determinano pericoli per l’equilibrio faunistico, le colture e
la pubblica incolumità?
I vari Presidenti regionali dimenticano che la Legge
sulla caccia (Legge n. 157/1992) chiarisce la funzione e gli obiettivi
dell’attività venatoria, il cui esercizio non si può qualificare di pubblica
utilità, essendo peraltro svolto sulla base di una concessione e in maniera subordinata
rispetto al preminente interesse di conservazione della fauna selvatica, quale
patrimonio indisponibile dello Stato.
Non è ammissibile che le Regioni si avvalgano, in
maniera strumentale, di norme provvedimentali emanate in condizioni di emergenza
al fine, non solo di consentire un’attività che dovrebbe essere limitata per
ridurre i rischi sanitari, ma addirittura di attribuire all’esercizio di tale
attività una funzione che non le appartiene.
Le Associazioni chiedono quindi un intervento immediato
del Governo per arginare tale illegittima tendenza filo-venatoria che porta le
regioni ad emanare ogni anno provvedimenti puntualmente dichiarati illegittimi
dai tribunali amministrativi o che non passano il vaglio della Corte
Costituzionale determinando, oltre ai rischi per la nostra biodiversità, enormi
sprechi di risorse pubbliche.
Roma, 15 dicembre 2020
Questo comunicato Stampa è inviato dall’Ufficio Stampa del WWF Italia a nome di WWF Italia, ENPA, LAV e LIPU Birdlife Italia |